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I mali di stagione: il cambio dell’armadio


Oggi affronterò un argomento molto doloroso: il cambio dell’armadio. Non so se per voi è lo stesso, ma per me è l’equivalente di un’operazione a cuore aperto ogni sei mesi. Lo sconforto bussa alla mia porta facendomi capire perché l’autunno è considerato una stagione malinconica, non perché gli alberi perdono le foglie e la natura lentamente si addormenta, ma perché mi tocca buttare nella scatola quel costume che mi piace tanto e tirare fuori i maglioni pesanti e il piumino che mi fa sembrare la sorella coi capelli dell’omino Michelin.

Il mio sogno sarebbe avere un armadio immenso, separato per stagione e mezza stagione, ovvero partendo dalle gradazioni di tessuto più pesante passare a quelle più leggere fino ai costumi da bagno, il tutto diviso a sua volta per tonalità di colore. Ho questa immagine di un luminoso susseguirsi di ante infinite, che scorrono lungo pareti bianche senza soluzione di continuità e che mi permettono di non toccare niente.

Invece ho un armadio in legno chiaro, piccolo, affollato come un autobus all’ora di punta. Così, quando arriva il caldo o viceversa il freddo, devo tirare fuori dalle scatole posizionate nei punti più irraggiungibili le cose che mi servono e piegare e riporre nelle medesime quelle non metterò più per qualche mese.

Detta così sembra facile. Ma ci sono quelle variabili legate ai temi “non si capisce mai che tempo fa meglio tenere qualche cosa di caldo o di leggero” e “buttare le cose rovinate o che non si mettono più” che creano grande malumore e rallentano molto l’operazione.

Per non parlare delle difficoltà ambientali che nascono dalla gestione di un armadio che, in quell’interregno tra una stagione e l’altra, equivale ad un campo di battaglia con annessi cadaveri e animali spazzini.

Certe volte ho paura che mentre cerco una maglia che sono sicura sia in quel cassetto là, anzi, nel mucchio di quel cassetto là, uscirà una mano scheletrica e mi trascinerà in un’altra dimensione, sicuramente infermale.

E devo ammettere che certe volte il mio armadio fa dei rumori strani, potrebbero sembrare degli scricchiolii di assestamento del legno, ma ne siamo proprio sicuri? In fondo è un ambiente ideale per un qualche animale selvatico, tipo la “nutria”, essere mitologico che dicono viva nel Tevere. Guardando quel delirio di colori e tessuti mi sembra verosimile vedere questo topo enorme e peloso risalire dalle fogne fino al mio appartamento, per poi impossessarsi dell’antro che io adibisco alla custodia dei mie poveri vestiti. Mi sembra di sentirla, la grigia “nutria dell’armadio”, mentre rosicchia quella cinta che non trovo più. Troppe fantasie che nascono dalla natura caotica di quel macello di stampelle con tre vestiti a testa, quelle maglie arrotolate in fondo e i calzini che spuntano da tutte le parti.

Ma il mio armadio non è stato sempre così. Ci sono stati giorni in cui i cassetti ospitavano oggetti tutti dello stesso colore, i pantaloni erano piegati per bene, anche la biancheria era ordinata. Certo, sono stati giorni molto brevi, appunto quando decido di fare il cambio stagionale, che mi costringe a tirare tutto fuori e poi riposizionarlo.

Forse dovrei fare come delle mie amiche che risolvono il problema bonificando, ovvero buttano tutto quando non fa ancora molto freddo o molto caldo, quando quello che hanno addosso ancora va bene. Una bella gettata di napalm e si ricomincia da zero, in una visione consumistica che mi aiuterebbe a superare l’attaccamento per una camicia che non metto da sei anni ma che “potrebbe sempre essere utile”.

Ma come si fa a buttare le cose? io non lo so fare, mi attacco agli oggetti in modo ingiusto, perché dovrei ricordarmi che gli oggetti non sono attaccati a me. E in quest’ottica mi rendo conto che ho bisogno di un quarto delle cose che ho, mentre gli altri tre quarti forse servirebbero a qualcun altro, o giustificherebbero il pagamento della tassa comunale per l’immondizia.

Così anche per quest’anno è arrivato il “Capitano Autunno”, che precede il “Generale Inverno”, e io mi ritrovo a fissare con sconforto le porte dell’Inferno, se scriverò ancora su questo blog vorrà dire che ho vinto anche questa volta la battaglia, altrimenti preoccupatevi e mandate una spedizione di soccorso, potrei essere ostaggio della nutria.

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