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Il rosso è un colore difficile


Il rosso è un colore difficile. Soprattutto per i capelli. E’ un colore che cambia sempre, non è possibile riprodurlo come è in natura dal parrucchiere, il quale archivia diligentemente il numero di una tinta che la volta successiva sarà immancabilmente differente. Saranno tre anni che cerco il rosso perfetto senza trovarlo. O almeno ci sono stati momenti in cui ero quasi sicura di averlo afferrato ed invece lui mi è volato via dalle dita come l’uccellino azzurro della felicità.

Così ogni ricrescita è diventata un terno al lotto, perché non si saprà mai come si uscirà alla fine delle applicazioni di creme puzzolenti, shampoo e sieri. Voi mi direte: cambia parrucchiere! Io vi dico: già fatto ripetutamente, non è colpa sua!

E’ nella natura delle cose: il rosso è instabile. E forse per questo lo sento come il mio colore. Sono una castana che dentro è rossa e che cerca di portare fuori questo lato prepotente del suo carattere. Un altro dramma esistenziale che la natura matrigna rende impossibile da risolvere.

Anche ieri ci ho provato ed ho fallito miseramente. L’estate è un guaio per il rosso, il mare si mangia tutto e diventi gialla, ma un giallo tremendo, non bionda, una via di mezzo tra il limone e il paglia che le amiche impietosite chiamano “miele” per cercare di consolarti. E una volta che i capelli arrivano a quel punto è impossibile tornare indietro.

Ogni mio tentativo di ripristinare un sano ramato chiaro (si veda foto allegata) è miseramente  annullato dal primo lavaggio, non c’è shampoo professionale che tenga, il giallo ritorna a dominare la mia testa facendomi venire il dubbio che la rossa dentro di me forse in realtà é una bionda. E io non posso accettare di avere una bionda dentro.

Il terrore di perdere anche questa certezza sulla mia identità interiore mi ha quindi costretta ad un rimedio estremo, e qui devo ricordare a tutti che il panico è una brutta bestia, ti fa fare sempre qualcosa di cui ti pentirai.

Dico il panico perché sto cercando una giustificazione ad un errore imperdonabile, mi sono seduta sulla sediolina del parrucchiere, ho sbirciato ancora una volta con orrore quel “miele” che mi fissava e poi ho detto alla sacerdote dei colori che mi guardava con la pazienza di chi sa che dramma stai passando:

Fai tu. L’importante é eliminare la bionda“.

Ho poi cercato di recuperare insistendo sulla parola “ramato”, ma non ho dimostrato molta durezza rispetto a questo limite cromatico. Il danno era fatto. Avrebbe “fatto lei”. Avevo messo il destino della mia testa in mano ad un’estranea, bravissima per carità, ma sempre un’estranea.

Bisogna sempre ricordarsi che non si deve mai dare carta bianca a chi realizzerà il colore dei tuoi capelli, perché è sicuramente daltonico, o ubriaco, o soffre di disturbi della personalità multipla e magari stai spiegando cosa vuoi a quella personalità che crede di essere un dentista.

Dopo le mie richieste c’è stata una piccola riunione tra lei ed altri parrucchieri del negozio in cui hanno strutturato una strategia di gestione delle nuances, che prevedeva l’utilizzo di differenti gradazioni di colore sulla lunghezza del capello, da radici a punte, e di diversi tempi di posa. Sembrava parlassero del nuovo piano economico della Fiat.

Dopo circa dieci minuti di consultazioni, in cui i “10 cc” sono diventati “15 pisspiss e 62”, non ho capito di cosa, per poi alternarli a un “25 con 5 di 34”, l’assistente si è ritirata dietro i lavandini del lavaggio ed ha iniziato a preparare la pozione magica.

Era riflessa nel mio specchio, quindi non ho potuto fare a meno di guardare. In pratica prendeva tutti tubetti che sembravano uguali e ne versava varie dosi in una ciotolina posata su una bilancia. Avrà aperto e richiuso freneticamente 10 tubetti. Ma la cosa che mi inquietava era che questa ciotola sembrava non riempirsi mai, finché non ha preso un pennello per capelli e lo ha usato per girare freneticamente l’impasto, che esalava un odore di ammoniaca peggio di una medusa morta sul bagnasciuga.

E quella roba mi è stata diligentemente spalmata in testa. Per una posa di 35 minuti. Avete idea di quanto possano essere noiosi 35 minuti con una medusa spalmata in testa? A parte che se va bene pizzica un po’, ma se va male…come se ti passassero la retina metallica per pulire le pentole sul cuoio capelluto, e questo per di più puzza della medusa di cui sopra.

Ma soprattutto, in questa fase, sei brutta, ma aiutami a dire quanto sei brutta con quella roba in testa. Tutti i difetti del viso si moltiplicano a dismisura, le borse sotto gli occhi, quel brufolo sulla guancia, le rughe d’espressione. Sotto i faretti a luce calda fatti per esaltare il lavoro finito assumi un colorito malaticcio tendente all’ittero. E sei costretta a guardarti tutta pensando che una volta tanto che hai a disposizione uno specchio enorme giustamente ti devi sentire come la nonna della befana. Sorvolo sull’imbarazzo quando si va da un parrucchiere che taglia i capelli pure agli uomini e ti rendi conto che tre sedie più in là c’è “un figo da paura” e tu sei in quelle condizioni. Orrore e raccapriccio.

Così ho capito a che servono le riviste, segno distintivo di ogni parrucchiere che si rispetti: servono appunto a distrarci dallo specchio e da tutto quello che ci gira attorno! Se una è concentrata sull’ultimo starnuto di Raul Bova è logico che non si accorgerà che il colore le sta colando in un rivoletto indelebile lungo la guancia.

E proprio quando sto per scoprire con chi è uscito a cena Pippo Baudo ecco che mi chiamano al lavaggio. Dove è iniziata la seconda parte del calvario. Qui l’ammoniaca entra a contatto con l’acqua e possono succedere due cose: o la testa ti piglia fuoco o soffochi per le esalazioni. Di solito a me succede la seconda. Così mi sono fatta questa bella pipata di sostanze chimiche cercando di recuperare un minimo di ossigeno e dignità e di non bagnarmi oltremodo mentre mi lava i capelli.

Quando sono passate le macchioline viola e mi si è schiarita la vista mi rendo conto che quel dolore sordo è prodotto dal grattare forsennato sulla cute che loro chiamano shampoo. Le dita entrano in modalità scortico, come se invece che tinta mi avessero applicato cementite, e mentre mi viene il dubbio che sia così, proprio parte un getto d’acqua a quaranta gradi che a sua volta mi fa partire un urlo.

Scusa cara, ho i guanti e non sento, é calda?” chiede la “shampista”.

Parentesi sulla “shampista”: professione rinomata che ho pensato di intraprendere anche io da giovane, ma che ritenevo alla fine troppo insalubre avendo sempre sofferto di otiti e quindi non sentendomi adatta a stare con le mani sempre nell’acqua.

Purtroppo non faccio in tempo a rispondere che grazie ai suoi guanti ho la testa come un uovo sodo senza il guscio, quest’ultimo scorticato, che lei ha finito, mi ha imbustato la testa in un asciugamano e condotta alla piega.

Ora, se non è bastato il resto, viene il momento veramente brutto, ovvero quando tolgono l’asciugamano e vedi come è venuto il colore. Sembra quasi di sentire un rullo di tamburi mentre viene sciolto il fagotto da fachiro che ho in testa e voilá, signori e signore, ecco la nuova versione del capello dell’anno: quest’anno vince il…VINACCIA!

Si, avete capito bene, non ero quel dolce ramato chiaro così simile ai capelli di Pippi Calzelunghe che mi da un’aria spensierata e sbarazzina, bensì un autunnale rosso scurissimo, quasi un castano coi riflessi rossi, o vinaccia, come mi ha fatto notare mia madre alla luce del mattino successivo.

Credo di aver smesso di respirare per 39 secondi e di aver sbattuto le palpebre 15 volte. Ho cercato di applicare la tecnica della “respirazione profonda” per allontanare la voglia di rasarmi a zero e ricominciare tutto da capo, e anche far arrivare un po’ di ossigeno al cervello.

Ero allibita. Non trovavo le parole adatte, anzi, ne avevo solo una, enorme, definitiva: PERCHE’. Senza il punto interrogativo, badate bene, in quanto sapevo che qualsiasi risposta sarebbe stata inutile.

Non dovevo avere una bella faccia, poiché  l’artefice di quella COSA risponde alla domanda senza che sia stata posta a voce alta:

So che sembra scuro, ma quando lo lavi scarica“. Ovvero ci sono ottime probabilità di diventare rosa al primo lavaggio. Non ero sicura che fosse meglio che bionda.

Secondo lei, in questo momento della mia vita, per me il meglio era il VINACCIA.

E mentre aspetto il prossimo lavaggio per vedere come “scaricherà” e di che gradazione cromatica diventerò, la rassegnazione ha preso il posto della disperazione, del resto il rosso è un colore volubile.

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