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La teoria del riordino mentale: il bullet journal


E siamo arrivati anche alla fine di questo 2018. Ma non vi aspettate che vi faccia un consuntivo dell’anno o la lista dei buoni propositi, perché ormai sono entrata nel trip del bullet journal e la mia vita, almeno a parole, dovrebbe essere ordinata e lineare, quotidianamente scandita da liste, obiettivi raggiunti o da raggiungere, termini oltre i quali le cose dovrebbero essere fatte. E invece l’unica cosa che mi interessa sono i disegnini che posso fare su quelle pagine puntinate.

Se infatti il bullet journal nasce come un’agenda per organizzarsi meglio la vita, per me è diventato un diario adolescenziale in cui scaricare la mia misteriosa vena artistica. In poche parole, ad un certo punto non è importante quante cose da fare potrò segnare come fatte, ma che disegnino attribuirò al simbolo “cosa fatta”, l’abbinamento dei colori che regolerà la divisione dei giorni, la decorazione intorno alla scritta del mese. E tutto questo per colpa di Instagram, che non solo mi ha aperto il magico mondo di queste agende fatate, ma mi sottopone ogni giorno decine di esempi di professioniste che fanno quaderni meravigliosi, pieni di creatività e perizia, non come i miei, facendo scattare il demone della competizione artistica.

Quindi se da un lato il “metodo”, perché tale è definito, del bullet jounal dovrebbe darmi serenità rendendo più facile la gestione del quotidiano, ma anche la progettazione a lungo termine della mia vita, dall’altro diventa un’altra fonte d’ansia e di dipendenza, come il cioccolato. Devo vedere che fanno le altre sparse per il mondo e farlo meglio, oppure guardare che fanno e deprimermi perché non lo so fare o non mi viene un’idea migliore.

Così la lista delle “cose da fare” va in secondo piano, il controllo delle spunte pure, la pianificazione va a farsi benedire e alla fine non mi ricordo neanche più perché ho iniziato a scrivere su questo quaderno, anzi, ne prendo un altro e ricomincio daccapo, ma non ricopio i contenuti, decido proprio di cambiare progetto, o peggio, di non avere obiettivi se non la mera passione per la decorazione.

A dimostrazione che, per quanto mi possa applicare, non riuscirò mai ad avere una vita regolare e organizzata, non riuscirò mai ad impormi delle norme, delle abitudini, a rispettare le scadenze, come il giorno in cui pagare le bollette o cucinare il polpettone. Tutte cose che invece mi darebbero sicurezza e stabilità, tutte cose che vorrei saper fare senza riuscirci. Come dimostra, al momento, l’unica abitudine che riesco a mantenere: la maratona del Boss delle Cerimonie su RealTime il sabato pomeriggio, e neanche tutti si sabati, diciamo due al mese.

Quindi adesso devo decidere se abbandonare anche questo progetto di riordino mentale o insistere, magari abbinandolo alla rilettura del “Metodo del riordino”, che naturalmente ho letto e non applicato, aumentando esponenzialmente la mia ansia da prestazione rispetto agli armadi e alle librerie.

Da quando l’ho letto, infatti, ogni volta che mi trovo davanti ad un calzino bucato e alla decisione se buttarlo mi scontro con ben due voci della mia coscienza, quella inutilmente risparmiosa che dice: “rattoppalo!”, e quella del metodo del riordino che, con un accento anche asiatico, mi rimbotta: “è inutile che butti solo lui, hai sessanta paia di calzini che non usi, dovresti svuotare l’armadio e buttare tutto, ringraziando ogni singolo pezzo per averti sostenuto nel tuo percorso fino alla sua eliminazione dalla tua vita”.

Capirete che, a questo punto, lo spirito anarchico che guida ogni mi azione inizia a urlare pure lui dicendo: “Basta con questo bigottume! Tienilo bucato nell’armadio e difendi il tuo diritto alla sciatteria”.

Mentre assaporo le ultime ore di questo 2018, caratterizzato da vari calci in faccia e altrettante vittorie, anche grazie a questa chiacchierata, ho quindi deciso di riprendere il quaderno, lasciare 4 pagine bianche e ricominciare daccapo.

Partirò  comunque dai disegnini, ma lascerò parlare con un po’ più di libertà lo spirito anarchico, perché in realtà è lui che me lo fa fare: vuole battere le agende bellissime di Instagram con un’agenda sconclusionata e sciatta, fatta di disegnini assurdi e solo apparentemente fuori tema, ma in realtà faranno vedere le cose da un’altra prospettiva, una prospettiva inaspettata, la prospettiva di una piantata storta…


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