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Pelle di luna, ovvero la fuga della melanina


L’estate è tempo di vacanze, di giornate lunghe, di fine settimana al mare, questi ultimi per tutti, tranne che per me, che non riesco mai neanche ad arrivare a Maccarese (cfr. per chi non fosse di Roma, località di mare vicina alla più famosa Fregene).

Io il mare non lo vedo mai fino ad agosto perché ogni fine settimana ha qualche affanno che mi impedisce di farmi baciare dal sole e rimango bianca ai limiti della fosforescenza, in un mondo di pelli ambrate e coloriti sani, fino al momento delle agognate ferie.

Quando guardo la perfetta abbronzatura della mia vicina di scrivania penso di essere nata nel periodo sbagliato: nell’Ottocento la pelle bianca era la più ricercata, era sinonimo di classe sociale elevata, che non si esponeva al sole perché all’aperto lavoravano i contadini. Nell’Ottocento avrei fatto faville, anche perché non si sapeva cosa fosse la cellulite!

Il mio pallore eccessivo, dato da fattori esterni, si abbina a fattori interni: ovvero all’ipersensibilità della pelle. In poche parole, quando lo trovo, il sole dico, è la mia pelle che si mette in mezzo e decide di rifiutarlo. Quando mi espongo ai raggi di Apollo divento prima tutta rossa e poi ritorno bianca. La melanina non alberga nel mio corpo.

Per ottenere una leggera doratura, che mi fa diventare un’altra persona, irriconoscibile e molto più bella, devo restare al sole almeno tre settimane in modo continuativo e questa condizione innaturale dura, una volta tornata alla vita quotidiana, in media cinque giorni.

L’eritema poi è un’altra componente della formula “me + lettino”, nonostante io vada in giro con la protezione 50 comprata in farmacia. In pratica, per non iniziare a grattarmi e a chiazzarmi, perché insieme all’eritema mi vengono le macchie sul viso, devo spalmarmi di una crema densa come bitume e verificare che non si tolga. Più di una volta, nel punto in cui ho strusciato troppo sull’asciugamano o mi sono bagnata, è rimasta una bella chiazza di pelle irritata. E’ interessante come le scottature mi facciano prendere coscienza dell’esistenza di parti del mio corpo che ho sempre sottovalutato. Per esempio l’esterno delle orecchie, ve lo siete mai bruciato? Ebbene, scoprirete una nuova dimensione del dolore.

Naturalmente ho pensato di risolvere questo mio problema affidandomi alla tecnologia, quindi provando ad abituare la pelle al sole con un ciclo di lampade. Ciclo che è durato una sola seduta, in cui l’estetista infame ha sbagliato a mettere il timer e sono uscita tipo gamberetto maculato del Madagascar. Brutta, brutta esperienza.

Quindi niente lampada, ho il trauma, niente autoabbronzante perché anche con quello vengo a macchie, e pure il sole, quando capita di prenderlo, a piccole dosi e molto dilatato nel tempo.

Se non avessi questo carattere incline alla fatalità potrei pensare che è tutto contro di me, invece mi limito a sospirare quando guardo foto di spiagge e a pensare che, prima o poi, anche gli altri dovranno tornare bianchi, e che io avrò meno rughe degli altri perché lo sanno tutti che il sole fa venire le rughe!

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