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Piccola storia di un oggetto rubato che torna a casa


Maranola è un paesino che guarda il mare dalla mezza costa, ovvero sta sotto una montagna e sopra la collina. Maranola è un paesino tutto salite e vicoli con case fatte in pietra, abitato soprattutto in estate da chi torna per godersi il mare del golfo di Gaeta e da anziani che vedono il paese svuotarsi piano piano.

Maranola è una parte delle mie origini, a partire dal mio bisnonno che viveva là e da uno zio che per decenni ha fatto il prete là. Uno zio che ha vissuto il sacerdozio con uno spirito autenticamente cristiano, che ha ricoperto il ruolo di guida, padre, amico per generazioni di abitanti. E che per questo ha ricevuto in dono un ostensorio nel 1957, come ringraziamento della comunità per il suo impegno decennale.

L’ostensorio fa parte dell’arredo sacro di una chiesa, serve ad esporre l’ostia consacrata all’adorazione dei fedeli, alla benedizione eucaristica o a portala in processione. È, insomma, un oggetto dal forte valore mistico, perché permette ai fedeli di accedere con lo sguardo al corpo di Cristo. Ed essendo fatto prima di tutto per gli occhi deve essere bello, quindi fatto di metalli e pietre preziose, e lavorato per suscitare ammirazione.

Anche l’ostensorio che viene regalato a don Benedetto, perché così si chiamava il sacerdote, non è da meno. È tanto bello e prezioso che nel 2015 viene rubato. Ma non viene rubato solo lui, rubano l’elmo di una statua fondamentale per il culto di San Michele, rubano altri oggetti sacri e soprattutto non rubano unicamente in quella chiesa. Nel corso di alcuni mesi i ladri colpiscono varie chiese nei paesi vicini, come una piccola orda di barbari che si sposta dal Sud al Nord e si porta via tutto quello che riesce a trovare.

Un fenomeno importante che trova spazio solo in qualche trafiletto di qualche giornale locale on line.

Ed ecco quindi che arriviamo al punto della storia: pochi, o quasi nessuno, sembra capire la gravità dell’accaduto. Pochi, o quasi nessuno, si attiva per ritrovare quello che si è perso: “Pazienza, ricompreranno i calici, sistemeranno le porte rotte, in fondo era roba della chiesa, la vita va avanti.”

Ecco il grande errore, quello contro cui combatte chiunque si occupi della tutela del patrimonio culturale, il sentire comune che il furto di un oggetto appartenente ai beni ecclesiastici o alle istituzioni non sia un furto fatto ad ogni singolo individuo che fa parte di quella comunità.

E questo succede perché il senso di appartenenza alla comunità non passa più per questi oggetti di cui si è dimenticato il vero valore. Un esempio è proprio l’ostensorio di don Benedetto, che non rappresenta solo un oggetto bello e prezioso, o mistico, ma l’amore della comunità verso un suo membro, racchiude il ricordo di tutti i gesti positivi fatti e ricevuti, rappresenta la forza che un paese può avere quando tutti si uniscono per il bene comune.

Ma soprattutto rappresenta la speranza che la comunità non deve mai abbandonare.

Eppure la speranza, che anche se dimenticata, sopravvive sempre, come testimonia il suo ritorno a casa, che qui non possiamo raccontare perché i tempi delle inchieste giudiziarie sono sempre troppo lunghi. Vi basti sapere che è stato rintracciato sul mercato antiquario internazionale con una segnalazione di un privato, che lo ha trovato per caso sul web, e ne ha informato il Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri.

Se oggi il suo paese festeggia il ritorno dell’ostensorio di don Benedetto con una festa religiosa che lo riconsacra come un oggetto della comunità, dobbiamo quindi ringraziare un privato cittadino, l’impegno dei Carabinieri ma forse anche don Benedetto perché, anche se scomparso da tanto tempo, ci ha dato un’altra lezione di vita e un’altra occasione per ricordare quali sono i valori che devono guidare le scelte di tutti.

Perché la prima cosa da combattere non sono i ladri, ma la convinzione che non sia un nostro problema. Ogni volta che viene compiuto un crimine verso un bene culturale non perdiamo solo un pezzo di bellezza, ma perdiamo un pezzo di noi stessi, di amore, di speranza e di comunità.

Per questo penso che se ognuno di noi capisse questa cosa, nessuno più comprerebbe oggetti come questi e nessuno più avrebbe voglia di rubarli.

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