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Riflessioni da dieta: la pasta


Sto a dieta da una settimana. Niente meringhe, niente gelato al gusto “sette veli”, niente sushi, niente quesadillas, niente pizza e soprattutto niente pasta.

Il mio depressometro è costantemente tra “la vita non ha significato” e “uccidere la gente non è sbagliato”.

Inoltre, avendo il controllo la prossima settimana, ho deciso di non pesarmi per scoprire se per caso questo martirio stia portando risultati, quindi vivo anche nel dubbio, oltre che nell’impazienza che tutto questo finisca.

Così mangiare fuori non è proprio una bella idea, soprattutto se vai in un posto dove la pasta sembra l’unica cosa commestibile e non la posso mangiare.

Mentre fisso questa tagliata di manzo che ho chiesto io ben cotta perché non mi fido della carne che mi servono, quindi secca come una suola e piena di nervi, affiancata da un mucchietto di rucola moscia e quattro pachini che mi ricordano come non sia sempre vero che “il pomodoro nell’insalata dà allegria”, intorno a me inizia un dibattito in confronto al quale la questione della pace nel mondo sembra un affare da poco: qual è il formato di pasta più buono.

La discussione si accende sulla durezza centrale delle farfalle, che mantengono sempre quel punto poco cotto dove si restringono e che molti non apprezzano, mentre c’è quasi unanimità sul ritenere gli ziti una pasta che può andare bene solo ed esclusivamente per le melanzane ripiene e non dovrebbe mai essere utilizzata in nessun altro contesto.

Le ruote vengono liquidate da alcuni come paste infantili, da altri molto più appetitose proprio per questo lato trasgressivo: mangiare le ruote è tornare bambini il tempo del piatto.

Ma mi sono resa conto che il dibattito è stato molto superficiale perché nessuno ha affrontato questioni scottanti come la preferenza tra linguina e spaghetto.

Quest’ultimo è stato protagonista di una nota rispetto al famoso “n.5” di una marca italiana, bollato come non adeguato per gli standard delle farine.  Ma a me il n.5 piace e piacerà sempre, perché è come il MacDonald, non è buono il panino, è la voglia di Mac quella che conta.

Neanche uno inoltre ha voluto affrontare l’annosa questione dei sedanini, che non sono penne e non sono rigatoni, forse proprio perché hanno quel formato medio che li fa considerare un po’ come le ruote, senza carattere.

I fusilli poi o li ami o li odi, non esiste una mezza misura. E di solito quelli che li amano lo fanno perché ritengono che sia un formato a sua volta amante del sugo, se lo avvolge tutto attorno e non lo lascia, quindi tra i più romantici.

La pasta che crea meno discussione come “corta” preferita, dopo il rigatone su cui non ci si è sentiti di dire niente, è la penna, anche se non si è capito bene se rigata o liscia. Ma a rigor di logica la rigata dovrebbe essere la preferita per i sughi al pomodoro, la liscia per le panne. Però il punto non è stato approfondito e ammetto che mi ha lasciato abbastanza perplessa.

Purtroppo il dibattito è finito con i piatti, non c’è stato tempo per valutare le differenze con le paste fresche né ripiene, tranne per il capello che è arrivato nei ravioli, e che naturalmente era fuori argomento.

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